Alimentazione e malattia di Parkinson

Come una corretta alimentazione può influire sulla terapia e salute in caso di malattia di Parkinson

Alimentazione e malattia di Parkinson

Come una corretta alimentazione può influire sulla terapia e salute in caso di malattia di Parkinson

In caso di diagnosi di malattia di Parkinson, è importante cambiare la propria alimentazione per favorire l’efficacia della terapia farmacologica e per evitare la comparsa di altre malattie metaboliche che possono compromettere negativamente l’andamento della malattia.

1. Quali sono i principali problemi nutrizionali in caso di malattia di Parkinson?

Sono essenzialmente due, opposti tra loro ma entrambi dovuti a problematiche strettamente correlate alla malattia di Parkinson:

  • calo ponderale, a causa della difficoltà a deglutire e a masticare, della depressione ma soprattutto delle discinesie, ovvero movimenti incontrollabili e involontari che, quando si manifestano in forma grave, causano anche disabilità importanti;
  • sovrappeso e obesità, condizioni provocate dal mancato adeguamento delle abitudini alimentari rispetto alle capacità motorie ridotte, che porta a un bilancio energetico positivo e quindi all’aumento di peso.

La percentuale di obesità tra i malati di Parkinson è maggiore del 50% rispetto alla popolazione italiana di riferimento mentre solo il 3% dei pazienti è sottopeso.

2. Quali sono le caratteristiche di un’alimentazione corretta in caso di malattia di Parkinson? 

Il principale obiettivo dell’alimentazione quando si soffre del morbo di Parkinson è raggiungere (e poi mantenere) un peso ragionevole. Per farlo è necessario:

  • distribuire l’apporto proteico della dieta, riducendolo a tutti i pasti (tre pasti principali e due spuntini) ad eccezione del pasto serale che deve essere normo proteico, in modo tale che gli amminoacidi non possano interferire con la terapia farmacologica. Qualora si renda necessario un regime dietetico ipoproteico (ossia inferiore a 0.8 g di proteine per kg di peso corporeo) è possibile ricorrere agli alimenti aproteici, da consumare a colazione e pranzo.
  • Introdurre nella dieta un’adeguata quantità di fibra per facilitare la regolarità intestinale;
  • mantenere un’idratazione ottimale;
  • adattare la consistenza degli alimenti sulla base della capacità di masticazione e deglutizione.

3. Come gestire l’apporto proteico se si segue una terapia farmacologica a base di levodopa contro la malattia di Parkinson?

La levodopa è un amminoacido neutro che, per essere assorbito (cioè passare dall’intestino al sangue e successivamente al cervello), utilizza un trasporto attivo con consumo d’energia. Di conseguenza, tutto quello che può rallentare l’assorbimento intestinale può portare ad una riduzione della quantità di farmaco disponibile per il trasporto a livello cerebrale, riducendo di conseguenza l’effetto della terapia farmacologica.

Una corretta alimentazione influisce positivamente sull’efficacia della terapia farmacologica e sullo stato di salute generale. È dimostrato infatti come una riduzione della quota proteica a pranzo migliori l’efficacia della terapia farmacologica a base di levodopa. Non solo. Un’alimentazione equilibrata diminuisce anche il rischio di malattie metaboliche, cardiovascolari e di malattie a carico del sistema osteo-articolare.

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

La normativa di settore (Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169) definisce gli integratori alimentari come “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta. Costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. Si presentano infatti sotto forma di capsule, compresse, bustine, flaconcini e simili.

1. Quali sono i principali effetti sul nostro organismo?

Contribuiscono al benessere ottimizzando lo stato o favorendo la normale funzione dell’organismo. In caso di carenze alimentari hanno un’azione integrativa (e non curativa) nella dieta quotidiana. Questo significa che non possono sostituire una dieta sana ed equilibrata che fornisce tutti i macro e micronutrienti necessari.

Altro aspetto da considerare è la loro composizione: si tratta di prodotti le cui sostanze, pur essendo naturali, sono concentrate ed è quindi opportuno rispettare i limiti di assunzione raccomandati e indicati sull’etichetta, oltre a consultare sempre il proprio medico curante.

2. In quali condizioni è opportuno assumere integratori alimentari?

Gli integratori nascono appunto per sopperire alle carenze di sostanze che non sono facilmente ricavabili nella dose sufficiente dalla dieta quotidiana. Una condizione che interessa soprattutto persone in determinate fasce d’età, o in condizioni fisiologiche, patologiche e regimi dietetici. Tra queste ci sono:

  • la gravidanza che aumenta il fabbisogno di acido folico del 50% (l’integrazione è consigliata già dal periodo antecedente al concepimento);
  • il primo anno di vita, in cui è necessario integrare la vitamina D visto che sia il latte materno che artificiale ne sono carenti;
  • i vegani o vegetariani devono assumere la vitamina B12 perché presente solamente negli alimenti di origine animale.

3. Gli integratori alimentari aiutano a migliorare la performance sportiva?

La risposta è no. Secondo le linee guida solo una corretta alimentazione può influire sul rendimento dell’attività fisica e solo in rari e selezionati casi è prevista l’indicazione all’integrazione; il loro utilizzo è quindi ingiustificato e potenzialmente dannoso. 

Lo stesso discorso vale per gli integratori coadiuvanti delle diete ipocaloriche per il controllo e/o riduzione del peso, ideati per rimpiazzare completamente i pasti giornalieri. Il Ministero della Salute raccomanda di consultare il proprio medico prima di un eventuale utilizzo e di non superare mai il tempo di trattamento di 3 settimane.

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

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