Calcoli renali: la prevenzione passa dall’alimentazione

Il ruolo dell’alimentazione per la prevenzione e cura dei calcoli renali

Calcoli renali: la prevenzione passa dall’alimentazione

Il ruolo dell’alimentazione per la prevenzione e cura dei calcoli renali

Un’alimentazione corretta è la prima cura per la prevenzione dei calcoli renali, poiché la composizione delle urine è direttamente correlata alla dieta.

1. Quali sono le linee guida da seguire in caso di calcoli renali?

Nel trattamento di tutti i tipi di calcolosi renale si consiglia di:

  • Consumare 2-3 litri di acqua nelle 24 ore, distribuiti nel corso di tutta la giornata (anche nelle ore notturne, in caso di risveglio). Un maggiore apporto di liquidi è indicato nei periodi estivi e in presenza di attività fisica.
  • Controllare il peso attraverso la corretta alimentazione e non con diete sbilanciate.

2. Quali sono i consigli alimentari in caso di calcoli di ossalato di calcio?

I calcoli di ossalato di calcio sono costituiti da sali di calcio e rappresentano la tipologia di calcoli più frequenti. A livello alimentare, è consigliata una dieta normocalorica a basso contenuto di sale, proteine animali e zuccheri ma con normale contenuto di calcio e un apporto di liquidi tale da avere un volume urinario di almeno 2 litri nell’arco delle 24 ore.

È importante limitare o escludere dalla dieta i cibi ricchi di ossalati: spinaci, bietola, rabarbaro, barbabietole rosse, nocciole, tè, cioccolato, frutti di bosco, pomodori, succo di pomodoro, succo di pompelmo, birra e vino. In caso di consumo di spinaci e bietola, bisogna lessarli e non cuocerli al vapore.

Quando assunti, questi alimenti dovrebbero essere introdotti insieme a una fonte di calcio per ridurne l’assorbimento intestinale. Nel caso di spinaci e bietola, bisogna lessarli e non cuocerli a vapore.

Il sale è il principale micronutriente che non permette al rene di riassorbire il calcio, che quindi viene espulso attraverso le urine in caso di consumo eccessivo. Inoltre l’eccesso di sale comporta una diminuzione del citrato urinario, il quale tiene solubile il calcio nelle urine. Per ridurre l’apporto di sale è bene:

  • ridurne al minimo il consumo nella preparazione e nella cottura dei cibi e di non aggiungerne mai ai piatti una volta in tavola;
  • evitare i cibi trattati con sale (conservati in scatola, in salamoia, essiccati o affumicati);
  • preferire il pane toscano senza sale e i formaggi freschi, che sono meno ricchi di sale;

Se l’apporto di calcio nella dieta viene ridotto, l’ossalato viene assorbito a livello intestinale ed eliminato per via renale, quindi aumenta l’ossaluria. Allo stesso tempo non devono essere assunti integratori a base di calcio (spesso associati a vitamina D).

3. Quali sono i consigli alimentari in caso di calcoli da acido urico?

Per calcoli da acido urico l’ideale è impostare una dieta con un apporto calorico controllato e una riduzione del quantitativo di purine, contenute soprattutto in prodotti di origine animale.

Un’alimentazione con cibi ad alto contenuto di purine fa sì che le urine diventino più acide per cui aumenta la probabilità che si formino calcoli. Occorre limitare anche l’apporto di quota proteica studiando insieme allo specialista una dieta che non superi il quantitativo di 1gr/kg/die. È bene ricordare che:

  • sono da evitare o da ridurre fortemente i frutti di mare, acciughe, sardine sott’olio, aringa, caviale, frattaglie, estratti e brodo di carne, cacciagione, carni rosse, dolcificanti e alcolici;
  • Per rendere le urine meno acide va incoraggiata l’assunzione di verdura e frutta (evitando quella molto zuccherina);

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

La normativa di settore (Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169) definisce gli integratori alimentari come “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta. Costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. Si presentano infatti sotto forma di capsule, compresse, bustine, flaconcini e simili.

1. Quali sono i principali effetti sul nostro organismo?

Contribuiscono al benessere ottimizzando lo stato o favorendo la normale funzione dell’organismo. In caso di carenze alimentari hanno un’azione integrativa (e non curativa) nella dieta quotidiana. Questo significa che non possono sostituire una dieta sana ed equilibrata che fornisce tutti i macro e micronutrienti necessari.

Altro aspetto da considerare è la loro composizione: si tratta di prodotti le cui sostanze, pur essendo naturali, sono concentrate ed è quindi opportuno rispettare i limiti di assunzione raccomandati e indicati sull’etichetta, oltre a consultare sempre il proprio medico curante.

2. In quali condizioni è opportuno assumere integratori alimentari?

Gli integratori nascono appunto per sopperire alle carenze di sostanze che non sono facilmente ricavabili nella dose sufficiente dalla dieta quotidiana. Una condizione che interessa soprattutto persone in determinate fasce d’età, o in condizioni fisiologiche, patologiche e regimi dietetici. Tra queste ci sono:

  • la gravidanza che aumenta il fabbisogno di acido folico del 50% (l’integrazione è consigliata già dal periodo antecedente al concepimento);
  • il primo anno di vita, in cui è necessario integrare la vitamina D visto che sia il latte materno che artificiale ne sono carenti;
  • i vegani o vegetariani devono assumere la vitamina B12 perché presente solamente negli alimenti di origine animale.

3. Gli integratori alimentari aiutano a migliorare la performance sportiva?

La risposta è no. Secondo le linee guida solo una corretta alimentazione può influire sul rendimento dell’attività fisica e solo in rari e selezionati casi è prevista l’indicazione all’integrazione; il loro utilizzo è quindi ingiustificato e potenzialmente dannoso. 

Lo stesso discorso vale per gli integratori coadiuvanti delle diete ipocaloriche per il controllo e/o riduzione del peso, ideati per rimpiazzare completamente i pasti giornalieri. Il Ministero della Salute raccomanda di consultare il proprio medico prima di un eventuale utilizzo e di non superare mai il tempo di trattamento di 3 settimane.

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

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