Le proteine presenti nell’organismo sono molecole organiche azotate costituite dalla combinazione di venti aminoacidi standard: nove di questi sono definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati nell’organismo e devono essere assunti con la dieta. Nella dieta della popolazione italiana le principali fonti di proteine sono rappresentate dai gruppi “Cereali e derivati” (29% del totale), “Carni e derivati” (28%) e “Latte e derivati” (21%).
1. Quali sono le principali funzioni delle proteine?
Le proteine hanno un ruolo cruciale per il corretto funzionamento dell’organismo. Tra le funzioni che svolgono rientrano quelle:
Le proteine sono coinvolte nella contrazione muscolare, nella risposta immunitaria, nella coagulazione del sangue e, talvolta, sono anche un substrato energetico.
Un apporto proteico insufficiente, in genere associato a un deficit energetico e di micronutrienti, è causa di malnutrizione proteico-calorica, con conseguenze anche gravi in termini di morbosità e mortalità. Gli individui a rischio nutrizionale più elevato sono gli anziani fragili, persone anziane a lunga degenza In case di risposo RSA o ospedali e con ridotto grado d’autonomia fisica: sono necessari interventi mirati all’aumento dell’apporto proteico per trattare o prevenire la malnutrizione e migliorare il potenziamento muscolare.
2. Come cambia il fabbisogno proteico in base all’età?
Gli apporti raccomandati di proteine sono espressi come fabbisogno medio e assunzione di riferimento per la popolazione in tutti i gruppi d’interesse, ad esclusione degli anziani per i quali sono indicati come obiettivo nutrizionale per la prevenzione della malnutrizione. Le linee guida indicano come apporto proteico ragionevole, dopo i primi due anni di vita, pari al 12-18% dell’energia totale della dieta, con la prevalenza di alimenti d’origine vegetale.
Nelle fasi di crescita, gravidanza e allattamento il fabbisogno proteico aumenta perché considera anche le necessità secondarie alla sintesi delle proteine depositate nei nuovi tessuti o presenti nel latte materno. Tali necessità sono elevate soprattutto per il lattante nel primo anno di vita, per la madre nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza, e durante l’allattamento esclusivo.
I fabbisogni proteici di bambini e adolescenti (1-18 anni) sono calcolati tenendo conto delle necessità sia per la crescita sia per il mantenimento di una massa proteica in progressivo aumento. I fabbisogni sono gli stessi per i due sessi fino ai 10 anni, e dai tre anni in poi sono vicini a quelli indicati per gli adulti. Nella seconda decade di vita tendono a essere maggiori nel sesso maschile senza variazioni particolari in occasione della pubertà. Dai 14 anni in poi si differenziano nettamente fra sesso maschile e sesso femminile a causa del diverso peso corporeo.
I fabbisogni proteici in età adulta 18-59 anni corrispondono al fabbisogno di mantenimento ovvero 0,71-0,9 g proteine/kg peso die, valori che restano uguali indipendentemente dal sesso e dall’età. Questo si traduce in un valore complessivo di 63 g/die per un uomo dal peso di 70 kg e di 54 g/die per una donna di 60 kg.
La definizione dei fabbisogni proteici è particolarmente difficile in età geriatrica a causa delle grandi differenze individuali che si osservano in questa fascia della popolazione per condizioni metaboliche, stato di salute e stato di nutrizione. Nella popolazione anziana deve quindi essere garantita un’assunzione di proteine maggiore rispetto a quanto indicato per gli individui adulti: questo valore è definito in 1,1 g proteine/kg peso die, con il suggerimento di assicurare una quantità adeguata di proteine di elevata qualità nutrizionale.
3. Cosa succede in caso di eccessivo consumo di proteine?
In generale non esistono dati di tossicità in caso di eccessivo consumo di proteine. È da tener presente comunque che un eccessivo consumo di proteine non offre alcun beneficio per lo stato di salute e benessere, ma a lungo termine può danneggiare la funzione renale.
Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.
La normativa di settore (Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169) definisce gli integratori alimentari come “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta. Costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. Si presentano infatti sotto forma di capsule, compresse, bustine, flaconcini e simili.
1. Quali sono i principali effetti sul nostro organismo?
Contribuiscono al benessere ottimizzando lo stato o favorendo la normale funzione dell’organismo. In caso di carenze alimentari hanno un’azione integrativa (e non curativa) nella dieta quotidiana. Questo significa che non possono sostituire una dieta sana ed equilibrata che fornisce tutti i macro e micronutrienti necessari.
Altro aspetto da considerare è la loro composizione: si tratta di prodotti le cui sostanze, pur essendo naturali, sono concentrate ed è quindi opportuno rispettare i limiti di assunzione raccomandati e indicati sull’etichetta, oltre a consultare sempre il proprio medico curante.
2. In quali condizioni è opportuno assumere integratori alimentari?
Gli integratori nascono appunto per sopperire alle carenze di sostanze che non sono facilmente ricavabili nella dose sufficiente dalla dieta quotidiana. Una condizione che interessa soprattutto persone in determinate fasce d’età, o in condizioni fisiologiche, patologiche e regimi dietetici. Tra queste ci sono:
3. Gli integratori alimentari aiutano a migliorare la performance sportiva?
La risposta è no. Secondo le linee guida solo una corretta alimentazione può influire sul rendimento dell’attività fisica e solo in rari e selezionati casi è prevista l’indicazione all’integrazione; il loro utilizzo è quindi ingiustificato e potenzialmente dannoso.
Lo stesso discorso vale per gli integratori coadiuvanti delle diete ipocaloriche per il controllo e/o riduzione del peso, ideati per rimpiazzare completamente i pasti giornalieri. Il Ministero della Salute raccomanda di consultare il proprio medico prima di un eventuale utilizzo e di non superare mai il tempo di trattamento di 3 settimane.
Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.