Sindrome dell’ovaio policistico e alimentazione

Come l’alimentazione può aiutare nella cura della Sindrome dell’Ovaio Policistico?

Sindrome dell’ovaio policistico e alimentazione

Come l’alimentazione può aiutare nella cura della Sindrome dell’Ovaio Policistico?

La Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS) è un disordine endocrino caratterizzato da un’aumentata produzione di ormoni androgeni da parte delle ovaie e del surrene. I tipici segni e sintomi sono: acne, irsutismo (eccessiva crescita di peli in aree tipicamente maschili come addome, mento, torace etc.) alopecia, cicli mestruali irregolari e spesso non ovulatori, con conseguenti difficoltà di concepimento.

1. Quali sono i rischi legati alla Sindrome dell’Ovaio Policistico se trascurata?

La Sindrome dell’Ovaio Policistico colpisce il 10% delle donne in età fertile; nel 30% dei casi, se trascurata, porta ad alterazioni metaboliche quali obesità, diabete di tipo 2 e insulino-resistenza: le cellule non sono più sensibili all’azione dell’insulina, quindi si ha un aumento dell’insulina circolante, con relativo aumento del grasso addominale e, talvolta, alterata glicemia a digiuno. Un quadro clinico con importanti ricadute sulla salute e sul benessere psicologico della donna.

L’Associazione Medici Endocrinologi dichiara come “un cambio radicale dello stile di vita, soprattutto in presenza di sovrappeso o obesità, è consigliabile, ricorrendo talvolta anche a farmaci che migliorino una condizione di insulino-resistenza”. Con cambio dello stile di vita si intende l’adozione di abitudini salutari sane volte a:

  • prevenire l’aumento di peso, attraverso un’attività fisica costante;
  • migliorare la sensibilità delle cellule all’insulina;
  • sanare il quadro metabolico e ormonale favorendo il ripristino delle condizioni fisiologiche.

2. Che ruolo può avere l’alimentazione in caso di Sindrome dell’Ovaio Policistico?

Seguire una corretta alimentazione aiuta le donne con la Sindrome dell’Ovaio Policistico a evitare repentini sbalzi di peso. Come? Seguendo un’alimentazione con cibi a basso indice glicemico, ossia alimenti che non provocano un aumento della glicemia dopo la loro ingestione.

Per questo è importante:

  • preferire gli alimenti ricchi di fibre, favorendo cereali integrali e escludendo le farine bianche;
  • evitare gli zuccheri semplici presenti nei dolci, caramelle, cioccolato e bibite;
  • assumere una porzione abbondante di verdura ad ogni pasto;
  • limitare il consumo di patate;
  • non eccedere col consumo di frutta, in particolare banane cachi fichi castagne uva;
  • limitare l’assunzione di grassi saturi e idrogenati, presenti in formaggi, insaccati, carni grasse, olio di palma, ma
  • preferire i grassi di insaturi, in particolare gli Omega3 e Omega6 presenti nell’olio extravergine d’oliva, nel pesce azzurro, nei semi di lino e nelle noci;
  • evitare l’assunzione di alcolici poiché l’etanolo può contribuire all’ insulino-resistenza

La ricerca scientifica si sta focalizzando sul ruolo degli inositoli, carboidrati non utilizzati a scopo energetico ma che hanno un’azione antiossidante e insulino-sensibilizzante. Gli inositoli hanno quindi un effetto anti-androgeno nell’ovaio policistico, contrastandone segni e sintomi.

Per tale motivo, anche in previsione di una gravidanza, è consigliata la somministrazione di integratori a base di inositolo, acido folico e acido alfa lipoico.

Le donne che adottano questi accorgimenti alimentari, che fanno attività fisica e che assumono integratori e farmaci necessari torneranno ad avere un ciclo regolare e una peluria normale, oltre a maggiori probabilità di un futuro concepimento.

È fondamentale affidarsi a figure professionali specifiche sia da un punto di vista ginecologico-endocrinologico, per la gestione della terapia farmacologica, che dal punto di vista nutrizionale per ottimizzare la terapia.

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

La normativa di settore (Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169) definisce gli integratori alimentari come “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta. Costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. Si presentano infatti sotto forma di capsule, compresse, bustine, flaconcini e simili.

1. Quali sono i principali effetti sul nostro organismo?

Contribuiscono al benessere ottimizzando lo stato o favorendo la normale funzione dell’organismo. In caso di carenze alimentari hanno un’azione integrativa (e non curativa) nella dieta quotidiana. Questo significa che non possono sostituire una dieta sana ed equilibrata che fornisce tutti i macro e micronutrienti necessari.

Altro aspetto da considerare è la loro composizione: si tratta di prodotti le cui sostanze, pur essendo naturali, sono concentrate ed è quindi opportuno rispettare i limiti di assunzione raccomandati e indicati sull’etichetta, oltre a consultare sempre il proprio medico curante.

2. In quali condizioni è opportuno assumere integratori alimentari?

Gli integratori nascono appunto per sopperire alle carenze di sostanze che non sono facilmente ricavabili nella dose sufficiente dalla dieta quotidiana. Una condizione che interessa soprattutto persone in determinate fasce d’età, o in condizioni fisiologiche, patologiche e regimi dietetici. Tra queste ci sono:

  • la gravidanza che aumenta il fabbisogno di acido folico del 50% (l’integrazione è consigliata già dal periodo antecedente al concepimento);
  • il primo anno di vita, in cui è necessario integrare la vitamina D visto che sia il latte materno che artificiale ne sono carenti;
  • i vegani o vegetariani devono assumere la vitamina B12 perché presente solamente negli alimenti di origine animale.

3. Gli integratori alimentari aiutano a migliorare la performance sportiva?

La risposta è no. Secondo le linee guida solo una corretta alimentazione può influire sul rendimento dell’attività fisica e solo in rari e selezionati casi è prevista l’indicazione all’integrazione; il loro utilizzo è quindi ingiustificato e potenzialmente dannoso. 

Lo stesso discorso vale per gli integratori coadiuvanti delle diete ipocaloriche per il controllo e/o riduzione del peso, ideati per rimpiazzare completamente i pasti giornalieri. Il Ministero della Salute raccomanda di consultare il proprio medico prima di un eventuale utilizzo e di non superare mai il tempo di trattamento di 3 settimane.

Anna Menasci
Dietista, specializzata in nutrizione nelle malattie renali, dialisi e diabete 1-2. Eroga consulenze nutrizionali per il dimagrimento e si occupa dell’educazione alimentare di bambini e donne in gravidanza. È Consigliere Commissione d’Albo Dietista Ordine TSRM PSTRP PI-LI-GR.

rapporto_medico_paziente
IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE, L’INIZIATIVA SIOT

La comunicazione è al centro della Giornata nazionale dell’ortopedia e traumatologia di SIOT

LA MOBILITÀ ACCESSIBILE SECONDO WIMED

Soluzioni, plus e caratteristiche dell’offerta di Wimed per garantire a tutti la capacità di movimento

PARALIMPIADI, PAROLA AI PROTAGONISTI

WimedYou svela i retroscena delle Paralimpiadi di Tokyo 2020 attraverso la voce degli atleti azzurri