L’essenziale è invisibile agli occhi
Alla scoperta di una realtà tanto vicina ma ancora poco conosciuta, quella delle disabilità non visibili
Alla scoperta di una realtà tanto vicina ma ancora poco conosciuta, quella delle disabilità non visibili
Alla scoperta di una realtà tanto vicina ma ancora poco conosciuta, quella delle disabilità non visibili
C’è ma non si vede (almeno di primo impatto). Poche e semplici parole per spiegare il significato della condizione di disabilità non visibile che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, interessa circa l’80% delle persone con disabilità.
Questa, però, è solo una stima in quanto ancora oggi risulta molto complesso avere dei dati certi perché è altrettanto difficile riuscire a classificare le diverse disabilità che possono essere considerate “non visibili”.
Tra queste rientrano: l’artrite reumatoide, la fibromialgia, la sclerosi multipla, l’Alzheimer nelle sue fasi precoci, il diabete mellito di tipo 1, l’autismo, ma anche le patologie della sfera psichica, dell’apparato cardiocircolatorio, polmonare o alcune malattie oncologiche o rare.
Le similitudini
Un aspetto che salta subito all’occhio è che in tutti i casi si tratta di malattie di cui non si conosce cura, per le quali bisogna sottoporsi a terapie e ricevere assistenza continua. Alcune patologie, poi, possono avere origini diverse ma tratti comuni a livello di sintomi, cure farmacologiche e relativi effetti collaterali. Giovanna Campioni, coordinatrice nazionale di Aicca Onlus, l’Associazione Italiana dei Cardiopatici Congeniti bambini e Adulti, dichiara:
«Tutte le disabilità non visibili sono legate tra loro dalla costante difficoltà della persona di sopravvivere. Un concetto difficile da far percepire all’esterno dato che, all’apparenza, la stessa persona non mostra alcun disagio a livello di movimento».
Per le persone comuni, infatti, la disabilità viene spesso associata solo a problemi di deambulazione. Ciò che non rientra in questi aspetti viene considerato “normalità”, rinnegando quindi l’invalidità, oppure non si ritiene così grave. La realtà, però, è ben diversa. Pamela De Rosa, Consigliera Nazionale APMARR, l’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, spiega:
«Ci si rende conto di una disabilità non visibile solo quando si vede che la persona fa fatica o non riesce a svolgere attività semplici, come restare in piedi o percorrere una certa distanza a piedi. La difficoltà non è tanto il movimento in sé ma l’attesa, il dolore o la stanchezza cronica legata a quella stessa attività».
Le criticità
Ecco come tutto, quindi, è sempre legato alla tangibilità o evidenza delle cose. Una situazione che è principalmente dovuta a una mancata sensibilizzazione sul tema nella comunità. Questo purtroppo provoca delle incomprensioni o rende ancora più difficile l’integrazione delle persone con disabilità non visibili nella società. L’esempio più comune? L’utilizzo del contrassegno per disabili per parcheggiare nei posti a loro riservati. Campioni, nata con una cardiopatia congenita grave, commenta:
«Nonostante la mia invalidità al 100% e il possesso di un documento ufficiale che la attesta spesso mi ritrovo a dover discutere con i passanti perché ritengono che io non abbia il diritto di usare quel parcheggio».
Nella stessa situazione, Pamela De Rosa, a cui non è stata diagnosticata una patologia ben definita, piuttosto un insieme di condizioni reumatiche, polmonari, neurologiche, connettivali, metaboliche e cardiologiche, cerca di avere un atteggiamento più positivo:
«Voglio credere che la persona che mi chiede spiegazioni sia spinta dalla volontà di accertarsi che il parcheggio venga usato da chi realmente se lo merita».
I progetti in Italia
Eppure, per cambiare la visione culturale rispetto alle disabilità non visibili, secondo De Rosa basterebbero tre semplici strumenti:
«Il più banale, ma comunque efficace, è la comunicazione. Essendo la nostra una disabilità non visibile è necessario spiegare la situazione e non esitare a chiedere aiuto o sostegno. Per chi è più timido o ha vergogna, può avvalersi del cordino con i girasoli che, in modo discreto, comunica agli altri di essere portatori di una disabilità non visibile».
Il cordino con i girasoli, che corrisponde a un portabadge al quale può essere attaccata la disability card, è stata un’idea dell’associazione britannica Hidden Disabilities per aiutare il personale dell’aeroporto di Gatwick a dare la medesima assistenza alle persone con disabilità visibili e non, visto la difficoltà a identificare queste ultime. Inventato nel 2016, oggi viene distribuito in diversi Paesi, tra cui l’Italia in cui APMARR è il distributore ufficiale.
«È possibile richiedere il cordino presso gli aeroporti di Napoli, Ancona e Venezia oppure contattando direttamente l’Associazione – spiega De Rosa – È efficace perchè non è direttamente collegabile alla disabilità, visto che non presenta alcuna scritta, ma è comunque riconoscibile dal personale competente o da chi ne conosce il significato».
Un altro aspetto su cui APMARR crede fortemente è la simbologia. In Italia viene ancora usato il simbolo della carrozzina per indicare tutte le disabilità. Nel resto del mondo, però, questo simbolo è ormai obsoleto: in Giappone, ad esempio, si usa il simbolo di una persona con la croce sul petto per indicare che la disabilità è interna e non si vede; in Inghilterra invece è presente in tutte le toilette pubbliche la scritta “Non tutte le disabilità sono visibili”.
«La presenza di una cartellonistica adeguata aiuterebbe le persone a porsi delle domande sul significato del simbolo e a comprendere che esistono svariate tipologie di disabilità», precisa De Rosa.
È sulla stessa linea di pensiero Giovanna Campioni che con Aicca ha iniziato nel 2022 una campagna di sensibilizzazione sulle disabilità non visibili che ha come logo la classica figura della persona in sedia a rotelle che per metà sta in piedi. Al suo fianco ci sono poi una serie di simboli che rappresentano quei sintomi non percepibili agli altri, come la mancanza di udito o di vista, problemi cardiaci o neurologici. A tal proposito, Campioni racconta:
«Questo simbolo è già presente fuori da tutte le toilette pubbliche di Citylife di Milano e presto andremo a posizionarlo in punti strategici della città, come biblioteche, esercizi commerciali, ATS per rendere il capoluogo lombardo la prima città inclusiva d’Italia. L’obiettivo è estendere l’attività su tutto il territorio italiano e arrivare fino agli aeroporti».
Aicca però vuole anche studiare l’impatto sociale e cambiare l’approccio delle persone nei confronti di chi ha disabilità non visibile. Come? Realizzando una serie di video in alcuni punti strategici della città di San Donato Milanese in cui si ricreano le situazioni quotidiane che una persona con disabilità non visibile deve affrontare a causa della società: ad esempio, gli sguardi indiscreti rivolti a una mamma che ha difficoltà a gestire il figlio con autismo in un negozio, oppure le aggressioni ricevute da un passante quando si parcheggia in un posto riservato ai disabili.
«Andremo poi a mostrare questi video nei luoghi in cui abbiamo fatto le riprese e, dopo qualche mese, riproporremo le stesse situazioni per vedere se il comportamento delle persone cambia. Facciamo tutto questo perché, in fondo, basta davvero poco per aiutare le persone con disabilità, sia visibili che non visibili, a sentirsi integrate: un po’ di sensibilità, rispetto, educazione e buon senso», conclude Campioni.
Coordinatrice nazionale di Aicca Onlus
Consigliera Nazionale APMARR
AICCA
L’Associazione Italiana Cardiopatici Congeniti bambini e Adulti è il punto di riferimento in Italia per tutte le persone che nascono con una cardiopatia congenita. La cardiopatia congenita è una malformazione del cuore che si verifica in conseguenza di un’alterazione del normale sviluppo del cuore dell’embrione.
Il suo obiettivo è quello di permettere a queste persone di vivere una vita dove non manchi mai la speranza per il futuro, sfruttando tutte le potenzialità della ricerca e dell’innovazione in campo medico, psicologico e sociale.
Nello specifico, dal 2009 si impegna a svolgere attività di advocacy, di supporto alle persone malate e alle loro famiglie, sia in ospedale ma anche nella quotidianità, e di sensibilizzazione sul tema.
APMARR
L’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare nasce nel 1984 per tutelare i pazienti reumatologici. Nel corso degli anni ha poi esteso la sua attività anche alle patologie reumatologiche dell’età pediatrica e alle patologie reumatologiche rare, mantenendo sempre invariata la sua mission: “migliorare la qualità dell’assistenza per migliorare la qualità della vita”.
L’obiettivo primario di APMARR è adoperarsi affinché tali patologie trovino la giusta dignità ed attenzione presso l’opinione pubblica e la classe politica, attraverso l’adozione di politiche socio sanitarie a livello nazionale e l’organizzazione di eventi.